Friday, May 14, 2010

Il ruolo del governo nella crisi finanziaria

“È colpa del mercato, dagli allo speculatore, è la deregulation,” questa la litania di scuse recitata dai veri responsabili della crisi ormai quotidianamente. Purtroppo, a causa del noto principio “ripeti abbastanza a lungo una bugia e si trasformerà in verità,” il concetto è piuttosto diffuso ad ogni livello, come se l'intervento di governi e enti sovranazionali non permeasse profondamente ogni anfratto dell'economia condizionando ogni piccola azione umana.

È incredibile se ci pensate: basta aprire un giornale a caso o accendere la tv per trovarsi investiti da un turbine di banchieri centrali che stampano moneta, finanziarie, piani di salvataggio, ministri del tesoro e dell'economia, politiche economiche e sociali, grandi opere, sussidi, sovvenzioni, incentivi, strabilioni di euro e di dollari che si spostano ad un gesto del legislatore come le acque del Mar Rosso di fronte a Mosè, e tutto quello che ci sanno dire – che non hanno vergogna di dire – è che la colpa è del mercato sregolato!

Ecco allora un significativo contributo di Kevin Carson per cercare di riportare un po' di verità e buonsenso nel dibattito e fare così luce sulle responsabilità primarie di una delle più gravi recessioni della storia.
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Di Kevin Carson


George Soros sta progettando di aprire un istituto di economia all'Università di Oxford – con lo scopo, apparentemente, “di allontanare la disciplina dai campioni del mercato libero e della deregulation che, così crede il finanziere miliardario, hanno la colpa della crisi economica globale.” È frustrato “dal modo in cui i mercati finanziari globali lavorano sulla premessa che i mercati possono essere lasciati ai loro meccanismi.”

Ian Goldin, direttore della James Martin 21st Century School, ha applaudito questa mossa considerando che “avrebbe allargato il dibattito.”

Dobbiamo allargare il dibattito, benissimo. In particolare, dobbiamo allargarlo oltre i due lati – i neoliberali e i “progressisti” – secondo i quali il capitalismo finanziario globale che abbiamo avuto negli ultimi decenni era “un mercato libero.”

Tanto per cominciare, il mercato delle assicurazioni sui mutui è quasi interamente una creazione del governo federale. Prima che i federali creassero Freddie Mac per garantire i MBS (Mortgage-Backed Securities), questi erano evitati come troppo rischiosi dalla vasta maggioranza degli investitori. Sino a quel momento, i derivati erano pricipalmente obsoleti investimenti in futures di materie prime usati dagli agricoltori come forma di assicurazione contro un crollo catastrofico dei prezzi.

Ai sensi dell'accordo di Basilea II, che è entrato in effetto nel 2004, un mutuo ipotecario diretto di una banca locale per un cliente con una soddisfacente stima del credito comporta una valutazione di rischio del 35%. Un'assicurazione su un mutuo, dall'altro lato, comporta una valutazione di rischio di soltanto il 20%. Così i requisiti di riserva erano fissati più in alto per i mutui in mano all'originaria banca di emissione (che ha “richiedeva conoscenza locale,” come precisa Sheldon Richman) rispetto ai MBS comprate da altre banche. Il minore requisito di riserva per i MBS significava che una maggiore quantità di denaro era disponibile per essere prestata contro una riserva data, il che ha fornito alle banche un forte incentivo a vendere i propri mutui il più rapidamente possibile ed investire sui MBS. Per dirla con Les Antman, “Basilea II ha virtualmente imposto alle banche di vendere i loro prestiti se volevano rimanere competitive.”

Ma il ruolo del governo è molto più a monte. Comprende l'intervento del governo per imporre il diritti di proprietà artificiali che hanno reso la terra e il capitale artificialmente limitati e costosi relativamente alla forza lavoro e quindi l'indebolimento del potere contrattuale del lavoro. Comprende politiche di governo per incoraggiare la produzione di massa centralizzata e onerosa per mezzo di costosi macchinari specifici piuttosto che una produzione decentralizzata che integrasse versatili macchinari elettrici con i metodi dell'artigianato. Comprende politiche che promuovono l'iper-accumulazione di capitale e la cartellizzazione dei mercati, al punto che l'industria della produzione di massa non riesce a smaltire i propri prodotti in un mercato libero.

È stato a causa di questi precedenti interventi che abbiamo una classe plutocratica con enormi quantità di denaro investito, ed una scarsità di opportunità d'investimento vantaggiose. In un'economia con una più larga distribuzione della ricchezza ed una capacità produttiva decentralizzata, dove la capacità della produzione è stata determinata dalla richiesta locale e da un più alto livello di potere d'acquisto per i lavoratori, la maggior parte delle precondizioni per la nostra FIRE (Finance, Insurance, and Real Estate: Finanza, Assicurazioni, Beni Immobili, ndt) economy gonfiata non sarebbero neppure esistite.

4 comments:

newson said...

peter klein contesta le conclusioni totalmente speculative di carson e long riguardo alle probabili dimensioni delle societa' in un libero mercato.
http://blog.mises.org/8924/long-on-the-corporation/

Paxtibi said...

Conosco la diatriba con i mutualisti, e concordo con la conclusione di Klein che è impossibile prevedere quali sarebbero le dimensioni e la forma delle società in un libero mercato.

Devo dire però che anch'io sono portato a pensare che, in linea di massima, una maggiore frammentazione sarebbe più probabile, se non altro perché gli attuali vantaggi nell'accettare una posizione da dipendente rispetto al mettersi in proprio sarebbero molto ridimensionati.

Ma è comunque una speculazione, anche abbastanza inutile.

Anonymous said...

"gli attuali vantaggi nell'accettare una posizione da dipendente rispetto al mettersi in proprio sarebbero molto ridimensionati"

Sbaglierò, ma ho l'impressione che i vantaggi siano alquanto illusori, e che l'illusione stia per incontrare assai bruscamente la realtà.

Eleonora

Paxtibi said...

Non hai tutti i torti Eleonora, però devi ammettere che finora questi vantaggi ci sono stati, almeno rispetto a chi ha provato a mettersi in proprio. Poi è chiaro che quando la bolla scoppia si salvano in pochi...